Un/a coach è qualcuno che guida/aiuta/supporta il cliente (il coachee) in un percorso di miglioramento personale e professionale, a raggiungere risultati concreti. Così come il diamante è generato dal carbonio sotto pressione, così il coach aiuta il coachee a uscire dalla pressione e splendere. A diventare il diamante che è sempre stato a livello potenziale.
Questi risultati spesso vengono misurati solo in termini quantitativi (denaro, giro di affari…) e non qualitativi, basilari non solo per ottenere i giustamente desiderati risultati numerici ma soprattutto fondamentali per far sì che tali successi siano duraturi, sostenibili e non dei fuochi di paglia che ci abbagliano al momento, ci lasciano un po’ frastornati, ma poi ci rendiamo conto, quando il bagliore cala, che non erano poi così stupefacenti.
O comunque che possiamo fare di meglio. Sempre.
“Coaching è portare un giocatore dove da solo non arriverebbe mai”
Bill McCartney (giocatore e coach di football americano).
Va cerchiamo di capire meglio cosa è il coaching, e cosa non è.
Partendo proprio da quest’ultimo.
In questo articolo:
Cosa non è il coaching
Il coach non indica il percorso. Aiuta il coachee a trovarlo da solo, in base alle proprie inclinazioni e desideri. Il coach fornisce un supporto, aiuta a capire dove il coachee vuole andare e come, e soprattutto lo stimola nel non demordere e allentare la presa. Proprio come nello sport, dove il coaching ha avuto inizio, il coach sprona il coachee a trovare i suoi punti di forza e a valorizzarli facendone la leva per il proprio successo.
Il coach non ha la soluzione ai problemi, ma aiuta il coachee a vederli da una prospettiva diversa, e ad affrontarli in modo efficace.
Cosa è il coaching
Il coach e il coachee si concentrano sulle soluzioni.
Ma da solo in coachee non ce la farebbe. Nello sport, come nella vita e nel lavoro.
Siamo sinceri. Volere e accettare di fare un percorso con un coach non è facile. Richiede già una consapevolezza iniziale non scontata. Capire di averne bisogno, di volerlo veramente, non facile. E tantomeno lo è acconsentire a quello che il percorso racchiude. Uno sguardo esterno, come quello del coach, implica mettersi allo scoperto. Accettare quello che non va di quello che sto facendo e soprattutto essere pronto a rivedere quello che va, o credo che vada bene. È solo così che si riesce ad avere una visione esterna, obiettiva, efficace.
Tutti abbiamo bisogno di un coach, i coach in prima persona.
Come lavora il coach?
Beh, su questo ci sono tanti approcci sia metodologici e ovviamente personali.
Posso dire quello che vuol dire per me coaching.
Innanzi tutto, io non FACCIO la coach. Ma SONO una coach. Non recito un copione, ma ci metto tutta me stessa. Con i pro e i contro (non posso ovviamente piacere a tutti!).
Conoscere a menadito metodologie, frasi, domande acquisiti con miriadi di certificazioni non ti fa essere un coach. Te lo fa fare. Ma non essere. Badate bene, per me le metodologie e gli approcci sono utilissimi. Ma rimangono sterili se sono presi così come sono senza essere digeriti e trasformati dal coach, con il suo stile unico e identificabile. E soprattutto…se non sono poi adattati sul cliente, le sue reali esigenze e i suoi veri desideri.
Proprio come il più bel copione del mondo, ogni ruolo può essere interpretato magistralmente da vari attori, ognuno dandone il proprio stile. Ma se il copione viene solo “letto”, le frasi ripetute – a memoria, sì, ma senza interpretazione – non susciterà mai emozioni, pensieri, desideri nel pubblico. Non susciterà la catarsi, il “cambiamento”, l’aspirazione verso qualcosa di migliore, verso un se stesso migliore.
Come un sarto che fa l’abito su misura…per ogni cliente è diverso, anche se gli strumenti del mestiere sono sempre gli stessi (ago, forbici e tessuto), ma su ogni cliente calzerà a pennello. Perché è fatto per lui/lei. Per nessun altro (come nei vestiti della grande produzione). Ed ogni cliente tirerà fuori la sua unicità, non si conformerà agli altri…
Essere coach.
Questo per me è essere una COACH. Così come chiedo al coachee di mettersi in gioco, lo faccio io per prima. È essere coerente. È uscire costantemente dalla mia comfort zone, rivedere tutti i piani a seconda degli sviluppi del coachee, a credere in lei/lui e a far sì che il coachee creda nelle proprie possibilità, abilità e le apprezzi, insieme ai difetti, da trasformare, eventualmente, in punti di forza. Vedi più nel dettaglio quale è il mio metodo.
Così come il diamante è generato dal carbonio sotto pressione, così il coach aiuta il coachee a uscire dalla pressione e splendere. A diventare il diamante che è sempre stato a livello potenziale.
Per questo come tagline, motto, ho scelto proprio questo: Accendi la tua passione e fai brillare il tuo talento. Ti ispiro/motivo/stimolo a capire quanto vali e a farti splendere.
Come diceva una tipa splendida che di diamanti se ne intendeva.
“Siamo tutti delle stelle e meritiamo tutti di brillare”
Marilyn Monroe
Sei pront* a brillare?
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Come coach aiuto i miei coachees a brillare.
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