Siamo poi così diversi in amore? È evidente, senza generalizzare, che la donna e l’uomo comunicano in modo diverso, a volte incomprensibile all’altra/o, nelle relazioni sentimentali.
L’armonia dei contrari
Si tratta dell’armonia dei contrari: congiunzioni, appunto e scontri… opposti che si attraggono, o si respingono, a seconda delle situazioni. Vediamo quali sono queste principali differenze (da tenere a mente per non sbagliare). E soprattutto come fare capire il proprio punto di vista e capire veramente quello del/la partner?
Il concetto di armonia dei contrari è assai radicato nella nostra cultura. Già Eraclito, nel nel V sec. a.C, aveva indicato la dottrina degli opposti alla base della sua teoria sulla Natura: la realtà è costituita dalla connessione fra gli elementi e i suoi contrari. Tutto ha un contrario (notte/giorno, caldo/freddo ma anche bene/male…) e insieme sono inscindibili e interdipendenti: potrebbe sembrare che così si crei un forte caos, in realtà, grazie al logos, tutto viene governato in armonia.
La dualità
Sullo stesso concetto di dualità si basa il principio dello Yin e dello Yang della filosofia cinese. Lo yin è “il principio fondamentale e femminile che, insieme con lo yang (il principio maschile) costituisce un binomio di termini indissolubili, opposti e complementari dalla cui combinazione e interazione procede la totalità del mondo”[Dizionario Treccani].
Sono quindi due energie opposte, dove l’esistenza dell’uno dipende dall’esistenza dell’altra e che si completano a vicenda. Se ci pensiamo bene noi stessi siamo un’armonia di contrari (a volte non così in armonia anche senza cadere nella schizofrenia…): egoismo e altruismo, lato femminile e maschile…
E ancora di più lo sono le relazioni interpersonali e in modo specifico quelle sentimentali: sfido chiunque a non aver trovato incomprensibile il linguaggio del/la partner, soprattutto nella fase iniziale della conoscenza. Tanto incomprensibile da essere percepito, a volte (spesso?) come inaccettabile e per questo aver messo a repentaglio (o messo una fine) alla relazione in corso.
“L’attrazione più eccitante è tra due opposti che non si incontreranno mai.”
Andy Warhol
Venusiane e marziani
John Gray nel suo celebre libro “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere“, riprende e analizza nel dettaglio l’annosa opposizione (da un punto di vista comunicativo e comportamentale) fra uomo e donna, rappresentati metaforicamente dai pianeti Venere e Marte.
Gli uomini – i marziani – hanno spesso un loro linguaggio e atteggiamenti incomprensibili alle donne – le venusiane – e viceversa.
L’autore passa in rassegna vari aspetti delle differenze, che possono essere condivisibili o meno, e che possono far storcere un po’ la bocca per la stereotipizzazione, ma del resto è ovvio che le generalizzazioni possono non trovare d’accordo. Io stessa sono stata definita una volta – o più, non ricordo – come la marziana della situazione, per il mio senso pratico a volte un po’ troppo sbrigativo (a parer dell’altro) e anche per l’assertività (questo è il termine che uso io, ne fu usato un altro meno edulcorato) . Beh…tale considerazione mi ha come compiaciuta: vedevo il mondo – e la relazione – anche dal punto di vista maschile. La storia è comunque naufragata (mi piacciono le iperboli, rendono meglio l’idea). E qualche, qualche (sorrido), errore l’ho commesso anche io…Eh già…
Tornando a Gray e al suo libro, definisce l’uomo/marziano come un elastico, quando ricerca la propria autonomia. “L’elastico offre una metafora perfetta per capire il ciclo dell’intimità maschile, un ciclo che comprende manovre di avvicinamento, di allontanamento e ancora di avvicinamento. La maggioranza delle donne si stupisce nell’accorgersi che quando è innamorato un uomo sente periodicamente il bisogno di allontanarsi prima di riavvicinarsi .” John Gray Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere ed. BUR Rizzoli p. 119
La donna come onda
La donna/venusiana viene definita come un’onda. “Una donna è come un’onda. Quando si sente amata, la sua stima di sé cresce e cala con un movimento ondulatorio. È frequente che, raggiunto il culmine, il suo umore cambi di colpo e l’onda si infranga. È però un fenomeno solo temporaneo. Una volta raggiunto il fondo, eccola risalire di nuovo, e sentirsi perfettamente in pace con se stessa. L’onda riprende slancio.” [ibid. p. 139].
Ho trovato molto interessanti i diversi atteggiamenti che l’autore individua riguardo al modo di affrontare le situazioni stressanti, non tanto in seno alla coppia, ma soprattutto quelle all’esterno, come al lavoro o in altri contesti. Sebbene l’origine del momento di crisi (individuale) non sia quindi da ricercare nel partner e nella coppia, possono comunque avere un forte impatto – negativo – sull’andamento della relazione, se non gestiti adeguatamente.
Pozzi e caverne
Indica la caverna come rifugio di quando un uomo ha qualche problema: si chiude in se stesso e non comunica (verbalmente) all’esterno. Questo atteggiamento suscita un senso di sconforto nella donna, che, più incline a verbalizzare, vorrebbe capire, e anche aiutare il suo partner. Ed è qui che si creano frizioni, e l’uomo si allontana sempre di più. La donna dovrebbe lasciare il tempo necessario all’uomo di ritrovarsi nella sua caverna.
Poi l’uomo/marziano uscirà dalla caverna come se niente fosse successo (vi è mai capitato? Le donne in molti casi rischiano crisi isteriche in questi momenti).
La donna ha invece il pozzo quando sente un senso di vuoto: scende, scende finché arrivata in fondo, eccola risalire nuovamente e sentirsi ancora pronta a dare e ricevere amore.
Il linguaggio è quindi diametralmente opposto: il capire il modo di comunicare dell’altro/a permette di aspettare e supportare il/la partner nel modo migliore. Ovviamente l’impegno deve esserci da entrambe le parti, altrimenti la relazione sarà sbilanciata (e non potrà durare a lungo, quantomeno non sarà felice).
I silenzi e l’arte dell’ascolto
La consapevolezza dell’altro/a è quindi alla base. E soprattutto il desiderio di focalizzarsi sulla soluzione e non sul problema. comunicazione.
E’ senza dubbio vero che le donne dovrebbero avere più pazienza dei silenzi degli uomini, ma aggiungerei anche di non aspettare in eterno che l’uomo esca dalla caverna. Se non lo si vede uscire…forse ha usato la porta sul retro!
Lo stesso vale per l’uomo, che dovrebbe coltivare di più l’arte dell’ascolto. A volte la donna esce dal pozzo con una consapevolezza di cambiare, e sarà difficile farla tornare sui suoi passi dopo che ha sperimentato la caduta…
“L’amore non muore mai di morte naturale. Muore perché noi non sappiamo come rifornire la sua sorgente. Muore di cecità e di errori e tradimenti. Muore di malattia e di ferite, muore di stanchezza, per logorio o per opacità.”
Anaïs Nin
L’armonia dei contrari
Come immagine di armonia nella coppia, mi viene in mente il dipinto di Sandro Botticelli Venere e Marte (1482- 1483), oggi alla National Gallery di Londra. Sembra che tale dipinto fosse destinato alla spalliera nuziale del committente, tale famiglia Vespucci. Scena di completa armonia, distesi su un prato circondati da fauni giocosi, Venere osserva Marte dormiente. Ma questa apparente tranquillità è turbata da alcuni elementi: la spossatezza di Marte e lo sguardo melanconico di Venere.
E qui, senza essere blasfema nei confronti dell’Arte e del suo rappresentante rinascimentale, mi viene in mente una scena tipica di vita di coppia quotidiana della domenica pomeriggio (un po’ alla Homer e Marge Simpson): lui addormentato (o meglio in catalessi) sul divano e lei che lo guarda del tutto rassegnata (avendo ormai rinunciato ai tremila progetti che aveva fatto per passare quel paio di ore assieme. Svegli).
Il dualismo Marte – Venere
Come per la maggior parte dei quadri del pittore, la sua interpretazione più profonda affonda, probabilmente, nella filosofia neoplatonica: di nuovo troviamo il concetto dell’armonia dei contrari, impersonata dal dualismo Marte-Venere.
Nel Symposium, il filosofo neoplatonico rinascimentale Marsilio Ficino (1433-1499), sosteneva la superiorità di Venere, dea dell’amore e quindi simbolo di amore e di concordia, su Marte, dio della guerra e come tale simbolo di odio e di discordia.
E di nuovo, mi viene in mente il dualismo Homer-Marge (evito di parlare della superiorità delle donne, lascio a Ficino una spiegazione più consona e autorevole…). Marte, per Ficino e quindi per Botticelli nel dipinto, rimane disarmato in quanto totalmente soggiogato da Venere.
Scorro velocemente questo aspetto, che non sarà passato inosservato ai maschietti lettori, dello sfinimento che Venere causa a Marte (immagino i commenti) …
Ma l’armonia dei contrari è proprio questa.
O no?
(o mancata comunicazione) con il/la partner?
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