La pandemia con il suo isolamento ha ridisegnato lo spazio che occupiamo, le distanze che dobbiamo mettere fra noi e gli altri: quella che viene chiamata in linguaggio tecnico “prossemica”. Il messaggio e la comunicazione sono stati rimodulati di conseguenza in base al nuovo spazio personale che abbiamo creato, o meglio abbiamo dovuto creare.
In questo articolo:
La prossemica
La prossemica è la disciplina definita dall’antropologo Edward Hall1 negli anni 60 del XX secolo e si occupa del ruolo e il significato dello spazio creato fra due interlocutori nella comunicazione. In inglese, infatti, proxemics deriva da proximity (=prossimità). La distanza che assumiamo rispetto agli altri e più in generale come ci collochiamo nello spazio ha un senso e un valore che vengono dettati dal contesto psicologico e sociale e anche da consuetudini e significati culturali.
Come per gli altri aspetti del linguaggio non verbale (linguaggio del corpo, gestualità, espressioni del viso) e para-verbale (tono, timbro e ritmo della voce) anche il come ci collochiamo nello spazio (prossemica, appunto) parla per noi. Che ne siamo noi stessi consapevoli o no. Lo spazio e l’uso che noi ne facciamo diventa un vero e proprio canale di comunicazione, lancia messaggi chiari nonché codificati.
Ci viene normale avvicinarci molto a persone che conosciamo e con le quali abbiamo un rapporto affettivo, mentre manteniamo le distanze con chi non conosciamo bene o che “vogliamo tenere a distanza”.
““Io non odio persona alcuna, ma vi son uomini ch’io ho bisogno di vedere soltanto da lontano.”
Ugo Foscolo
Le distanze
Hall ha indicato quattro diverse “distanze”, indicandone anche le relative misure:
- intima (da 0 a 45 cm): è la distanza a cui facciamo accedere solo coloro con i quali siamo in forte intimità e confidenza.
- personale (da 45 a 120 cm): è la distanza relativa alla sfera della comunicazione informale ma non intima (amici, colleghi, familiari…).
- sociale (da 1 a 3,5 metri): è la distanza riservata agli ambiti con confidenza molto limitata e abbastanza formali.
- pubblica (oltre i 3,5 metri): è la sfera dove non si instaura un coinvolgimento dell’altro, avviene tra sconosciuti (come un convegno ad esempio).
Zone di comunicazione di Hall
Queste dimensioni e distanze cambiano però in base al contesto in cui ci troviamo. Ad un concerto, ad esempio (a cui per adesso dobbiamo purtroppo rinunciare) le distanze nel pubblico sono limitatissime (soprattutto in quelli rock…) o in discoteca, in pista (non per niente, a quanto pare sarà permessa la loro riapertura ma…con il divieto di ballare…).
Le culture
Ci sono poi le distanze personali preferite e quelle “dettate” dal Paese e dalla cultura di riferimento. Una prossemica culturale.
Secondo Hall “Il senso dello spazio è una sintesi di molti apporti sensoriali: visivi, uditivi, cinestetici, olfattivi e termici. (…) Poichè ciascuno degli usi dei sensi è plasmato e modellato dalla cultura, dovremo accettare come un dato di fatto che le persone cresciute in culture diverse vivono anche in diversi mondi sensoriali. Di conseguenza, quando persone che provengono da diverse culture vengono a contatto, nell’interpretazione del comportamento altrui restano prigioniere dei propri modelli, e fraintendono facilmente, relazioni, attività ed emozioni. Questo conduce a rapporti di reciproca estraniazione, o, comunque, alla distorsione del significato delle comunicazioni.”2
Conoscere quindi le regole della prossemica delle varie culture ci permette di capire, e conseguentemente comportarci, secondo regole codificate, evitandoci fraintendimenti o irrimediabili gaffe.
Categorie di prossemica
Hall a riguardo classifica le culture in due categorie principali. Le culture di contatto (dove le distanze sono molto ridotte anche per le sfere più formali, come nei paesi del Mediterraneo e dell’America Latina) e le culture senza contatto (dove solo per la distanza intima e personale si verifica il contatto, come nella cultura nordamericana, nordeuropea e molte culture asiatiche).
Pensiamo ad una scena che viviamo costantemente. L’ascensore. Nei film americani vediamo come le persone si dispongano in ascensore rivolti verso la porta, dandosi le spalle e non guardandosi. Noi europei, soprattutto dell’Europa centro-sud, al contrario ci disponiamo con le spalle alle pareti, per quanto ammesso dagli spazi e dal numero di passeggeri, e ci guardiamo negli occhi, accennando spesso un saluto verbale se non solo con lo sguardo e cenno di testa.
Categorie delle culture
Basandosi sulle distinzioni di Hall, Richard Lewis ha dato una categorizzazione più complessa delle culture in base al loro approccio al linguaggio non verbale (i modelli di comportamento culturale distinti nel “The Lewis Model”).3distinguendo i diversi gruppi:
- Attivo Lineare è, appunto, lineare nella sua identificazione: fa parte delle culture senza contatto, vede comportamenti riservati ma diretti tanto da essere percepiti freddi, e racchiude il mondo di lingua anglosassone e Nord Europa.
- Reattivo è sempre riferito alle culture senza contatto, caratterizzato da azioni concilianti ed è tipico della maggior parte dei paesi asiatici (ad eccezione del sub-continente indiano, che è ibrido).
- Multi – Attivo è invece eterogeneo e rappresenta le culture di contatto: le azioni mostrano le emozioni, sono calde e impulsive. Ne fanno parte l’Europa meridionale e i paesi del Mediterraneo, il Sud America, Africa sub-sahariana, India e Pakistan e la maggior parte degli slavi.
Le nuove distanze
Il Covid e l’isolamento nelle varie fasi, ha scompigliato la prossemica ed ha equiparato le varie culture alla distanza di 1,8 mt.
Segregazione totale
Nella fase 1 abbiamo visto come sia stata addirittura bandita la distanza minima (innamorati, figli, nipoti non conviventi). Abbiamo assistito increduli a file ordinate, e debitamente distanziate, di fronte ai supermercati immortalate da foto che sicuramente rimarranno nella storia.
Oppure foto strazianti nonni che salutano i nipoti schermati dai vetri, mai così spessi e al tempo stesso trasparenti.
La distanza intima di Hall è stata quindi ulteriormente ridefinita, permettendo la vicinanza fisica solo ai conviventi. Le relazioni intime hanno sperimentato quella che è la vera distanza, dovendo aggrapparsi ancora di più all’affetto e alle altre forme di linguaggio non verbale e para-verbale in chiamate telefoniche in video. Nella distanza minima di Hall tutti i nostri sensi sono coinvolti. Il Covid ha messo alla prova anche tutti i nostri sensi, privandocene in modo brusco e impietoso.
Nella sfera intima sono sollecitati la vista, l’udito, che sono stati graziati nella Fase 1 dall’uso di connessioni via PC o smartphone. Mentre completamente sacrificati sono stati gli altri sensi tipici di questa sfera: il tatto e l’olfatto e perché no, mi sento di aggiungerci anche il gusto (sia ben chiaro…non sto facendo riferimento a certi tipi di attenzioni stile Hannibal Lecter, ma ai dolcissimi baci appassionati o meno…).
“Se infelice è l’innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.”
Italo Calvino, Il cavaliere inesistente
Purtroppo, questa distanza si concretizza anche nelle situazioni di aggressività (distruggendo tutto il romanticismo sopra espresso e avvicinandoci più a Hannibal Lecter, anche se non raggiungendolo…si spera… che a Calvino…). E in molti casi la quarantena ha significato un acuirsi degli episodi di aggressività nella violenza domestica.
Riavvicinamento timido
Nella fase 2 – quella, per intenderci dove gli innamorati non conviventi potevano riabbracciarsi, ma nei limiti della regione – limitava ancora inizialmente la distanza personale (colleghi familiari, ma anche amici).
E qui mi viene in mente a riguardo la “diatriba” scaturita con l’apertura dello scorso 4 maggio che escludeva proprio le relazioni amicali).
Riapertura?
Nella fase 3 le sfere sono state abbattute, anche quelle regionali, ma con il diktat del fatidico 1,8 mt.
Forse tutta questa privazione ci porterà ad apprezzare di più un abbraccio, una carezza, a non darli per scontati ma a farne buon uso e tenerne memoria per eventuali ulteriori distanziamenti imposti. O solo a tenerne memoria fino al prossimo abbraccio.
Oppure impareremo a mantenere le distanze laddove può essere un bene…
“Si fa colpo sulla gente quando si tengono le distanze.”