Partiamo dalla fine ossia dalla rottura di una storia amorosa, di una relazione. È poco piacevole per entrambi le parti, ma è chiaro che per una (chi subisce) lo è ancor meno. E molto, se non tutto, dipende da come chi vuole mettere la parola “fine” affronti (o NON affronti) la questione. Vediamo, appunto, i modi peggiori per chiudere una relazione.
Il modo di chiudere una relazione ci dice molto non tanto di chi questa rottura la subisce ed è lasciato ma di chi questa rottura la mette in atto:. Si sa che allontanarsi da una persona non è mai facile soprattutto se la storia è stata lunga ed importante ma anche in una storia breve il dire ad una persona che non si è più interessati a continuare nella conoscenza presuppone una dose di responsabilità e anche coraggio che non tutti riesco a mettere in campo.
Magari la storia ha perso il suo perché, il suo fascino, si è perso interesse o addirittura lo si è trovato in altre direzioni. È proprio in questo momento delicato che vengono fuori valori e caratteristiche delle persone che possono far cambiare la percezione di tutta la storia e quindi della persona che lascia in un verso o nell’altro (in pratica, se continueremo a pensare a lui o lei con un sorriso e stima, nonostante la malinconia, oppure con incredulità e anche commiserazione).
“Perché è la perdita la misura dell’amore?”
Jeanette Winterson
In questo articolo:
Come chiudere una relazione con il minor danno
Ovviamente prima di chiudere una relazione, per quanto un partner ci abbia deluso o disinteressato, merita un confronto di persona – occhi negli occhi – per spiegare e comunicare la propria posizione. Teniamo presente che la nostra comunicazione passa per lo più attraverso il linguaggio non verbale. Secondo il modello 55% 38% 7% di Mehrabian, psicologo statunitense riferimento in questo campo, la nostra comunicazione passa per il 55% dal linguaggio non verbale (il linguaggio del corpo: i gesti, le espressioni del viso), il 38% per il linguaggio para-verbale (tono, timbro e ritmo della voce) e “solo” il 7% dal contenuto verbale, cioè le parole.
Un confronto faccia a faccia permette di usare tutte le capacità comunicative, ma soprattutto dà la possibilità a chi è di fronte (la persona che sarà scaricata) di avere a disposizione più elementi e messaggi comunicativi per capire, e quindi elaborare, la separazione. Tranne che nei casi in cui si viva ai due emisferi – ma esistono sempre le videochiamate – è quindi vivamente consigliabile concedere anche solo un caffè alla persona, poche sufficienti parole e un sorriso.
In questo modo possiamo andarcene a testa alta (cosa che, come vedremo, non possono fare i vincitori dei premi di cui sotto). L’unica situazione in cui queste chiusure (soprattutto l’ultima) sono accettate se non consigliate è quando ci troviamo di fronte ad abusi, di qualsiasi tipo. Allora sparire, senza se e senza ma.
“Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione.”
Zygmunt Bauman
Come non chiudere una relazione (risultato: tanti danni)
Sappiamo bene però che esistono due tipi di persone, o almeno due situazioni (di solito chi agisce in un modo tende a ripetere il modus operandi, ma a volte particolari situazioni contingenti possono far assumere comportamenti a noi inusuali): chi affronta le situazioni permettendo all’altro di affrontarle a sua volta e chi fugge (dalla situazione e dalla responsabilità).
Ci occuperemo qui delle seconde categorie (chi non affronta le proprie responsabilità) e nel mare magnum mi soffermerò su quegli atteggiamenti, che, in genere, sono considerati i più negativi in fatto di mancanza di comunicazione – o con una comunicazione talmente sbagliata da renderle sgradevoli se non addirittura spregevoli – e soprattutto di assenza di rispetto, tanto da aggiudicarsi i primi premi (una sorta di Razzie Awards, per intenderci).
Medaglia di Bronzo: quelli che lasciano via messaggio
Qui si collocano e maestri dei messaggini – magari sono proprio quelli che hanno sempre odiato digitare messaggi e a malapena rispondevano con delle faccine – che si trovano da un giorno all’altro a riversare tutte le capacità comunicative in un messaggio – più o meno lungo, più o meno sincero, più o meno strappalacrime e magari più o meno grammaticalmente corretto – in cui comunicano la chiusura della storia (con la stessa carica empatica delle notifiche della chiusura o disattivazione di un account). Possono aggiungere frasi consolatorie di rito, come “non sei tu, sono io…” (ma chi è scaricato…sono io, no??), “non mi sento pronto/a per una relazione…” (e magari dopo 3 settimane si fidanzano ufficialmente) fino al fatidico “meriti di meglio” (eh sì…è proprio vero!!).
E chiudono così…Ovviamente non danno ulteriori spiegazioni a messaggi/richieste di chiarimenti ma addirittura si infastidiscono anche per un troppo eccessivo, a loro parere, trasporto da parte dell’altro (e bloccandolo/a magari su tutti i canali di contatto). Il tutto a livello di messaggio quindi di quel 7% di cui sopra – e, ripeto, molto spesso neppure grammaticalmente corretto – senza concedere neppure l’elemento del para-verbale (nessuna telefonata, per capirci).
Medaglia d’Argento: quelli che lasciano, sbiadendo a poco a poco
Poi ci sono quelli che lentamente svaniscono nel niente: incontri sempre più rari con scuse più o meno fantasiose, messaggi ridotti all’essenziale (“si”, “no”, “ok” o il terribile pollice alzato che dovrebbe essere eliminato dai telefoni di chiunque inizi una relazione!) magari proprio loro che inviavano un messaggio ad ogni pausa caffè e pranzo con relative foto di quello che stavano mangiando… Uno che adotta insomma la tecnica dello scomparire neppure troppo lentamente dalla vita dell’altro/a pensando che la chiusura della relazione diventi un qualcosa di automatico. Magari auspicandosi anche che invece sia l’altro/a che, infastidito e innervosito, esploda per avere spiegazioni ottenendo in tal modo la possibilità di non prendersi la responsabilità della chiusura.
E qui arriviamo in cima al podio con i maestri della galanteria per comunicazione empatica pari a quella di un coccodrillo con la preda.
Medaglia d’Oro: quelli che lasciano, sparendo nel nulla
Per questa categoria è stato anche coniato un termine: ghosting (lo sparire nel nulla, come un fantasma). Questo ci fa capire quanto sia diffuso come comportamento e non, come si potrebbe pensare, solo tra i giovanissimi che ancora non hanno magari conquistato gli adeguati strumenti comunicativi per relazionarsi in una situazione spinosa…
Il ghoster applica da un momento all’altro il silenzio radar: magari dopo varie settimane di frequentazione proprio mentre la storia stava prendendo una piega più profonda e significativa. L’altra persona si trova tutto ad un tratto in una situazione di incredulità. Non capisce veramente cosa sta succedendo. In un primo momento può pensare a motivi esterni anche gravi che impediscono all’altro la comunicazione (vedi un “Amore splendido” con il sempre imbattibile per eleganza Cary Grant) 1 ma poi si rende conto semplicemente di essere stato/a scaricato/a senza un perché (la storia andava a gonfie vele, a suo parere) né uno straccio di spiegazione.
“Fosse morto saprei almeno chi ho perduto e chi sono io. Adesso non so più niente. Tutta la mia vita è sprofondata dietro di me come in quei terremoti in cui la Terra si divora da sé. Sprofonda dietro di voi man mano che fuggite.”
Simone De Beauvoir
Effetti e danni collaterali
Ai messaggi e alle chiamate il risultato è sempre lo stesso: nessuna risposta. In pratica sperimenta quello che vuol dire essere invisibile, ma soprattutto insignificante (per il ghoster, facciamo attenzione a non generalizzare).
Anche il più “esperto” di intelligenza emotiva si trova aggrovigliato nei propri sentimenti e emozioni.
È comprensibile come si possa sentire: incertezza, senso di rifiuto, autocritica di cosa possa aver fatto di sbagliato durante la relazione e magari anche un calo di autostima (con generalizzazioni del tipo “sono sbagliato/a”, “non riesco ad avere una relazione… a farmi amare”). Queste reazioni sono proprio dovute al fatto che chi è scaricato in questo modo non ha nessun elemento per poter elaborare la chiusura. Non può essere compartecipe della chiusura della relazione (non solo non è voluta, ma neppure capita). E’ in un limbo di dubbi speranze e delusioni, rabbia e malinconia e soprattutto senso di rifiuto dalla quale può risollevarsi solo con un profondo lavoro su se stesso.
Il ghosting ci dice molto non tanto di chi viene scaricato ma di chi scarica: la persona in questione ha senza dubbio difficoltà nell’accettare di poter deludere gli altri, di fare la parte del cattivo, si sentono inadeguati alla situazione e non riescono a gestire i conflitti. Per questo preferisce evitare la situazione, non rendendosi conto che in questo modo sono ancora più crudeli nonché vigliacchi. Anche se in un primo momento si sentiranno sollevati, visto che hanno scampato il pericolo, rimarrà in loro un senso di incompiutezza e di grande immaturità psicologica (magari anche senso di colpa, se faranno un’autoanalisi).
Ma come si esce da una situazione così destabilizzante?
Il ghoster, quando e se si rende conto della portata del suo agire, dovrebbe proprio lavorare su quelle che sono le cause scatenanti che lo portano ad agire così (di solito è appunto un’abitudine e non una casualità) in particolar modo per superare la paura del conflitto. Lavorare sulla loro empatia (che si può apprendere e migliorare, quindi non ci sono scusanti!) Nei confronti della persona scaricata dovrebbe trovare il coraggio di chiedere semplicemente scusa. Già risolleverebbe l’opinione che ci si è fatti di lui/lei (non solo la persona scaricata ma quanti a conoscenza della storia) e aumenterebbe di gran lunga la propria autostima.
Per chi è stato scaricato può essere un punto di svolta, non per autocommiserarsi né per colpevolizzarsi. Per fare un percorso per ripartire da sé, da quello che realmente si vuole e come lo si vuole. Tenendo bene a mente di volersi bene, più bene.
Lo vedremo più nel dettaglio la prossima volta, rimanete sintonizzati e non sparite…appunto!
“A proposito, ti amavo. Te lo dico ora perché ormai non ha più importanza.”
Jean-Paul Sartre
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Articolo interessante ed esplicativo. Se non altro per capire ciò che ancora non si era capito. Condivido il pensiero di Bauman. Grazie!
Grazie mille per il tuo commento Rossella: decisamente la comunicazione è alla base di tutto e chi si approccia in questo modo alla rottura della relazione dovrebbe lavorare sulle proprie capacità comunicative, e trarre vantaggio da questa situazione spiacevole. Questo ovviamente, anche per la “vittima”, ma lo vedremo meglio nel prossimo articolo, aspetto i tuoi commenti a riguardo.