Gestire il cambiamento a livello aziendale, con il team, il gruppo di lavoro richiede una leadership chiara e motivante, per fronteggiare le resistenze al cambiamento che possono molto spesso far fallire il processo di crescita e modifica desiderato e pianificato. Uno strumento utile da usare e tenere presente è la curva del cambiamento Kubler-Ross, per gestire al meglio il processo nelle diverse fasi.  

Nei precedenti articoli abbiamo visto cosa è il cambiamento e quali sono a livello individuale i maggiori blocchi: paura, senso di fallimento, impotenza, perdita degli obiettivi (in Cambiamento ep. 1: cosa è e perché fa così paura). Abbiamo anche visto uno strumento utile a ri-focalizzare gli obiettivi e creare una strategia per raggiungerli con il modello G.R.O.W. di John Whitmore.(in Cambiamento ep. 2: come attivarlo e gestirlo con il modello G.R.O.W.).

Cambiamento e team di lavoro

Adesso ci addentriamo più nel mondo del lavoro per vedere come attivare e gestire un cambiamento all’interno del team di lavoro e soprattutto come affrontare le resistenze al cambiamento da parte delle persone, resistenze che molto spesso sono le cause principali dell’insuccesso del cambiamento stesso.

Nei momenti di maggiore criticità, nel mezzo di una crisi esterna che ci coinvolge e avvolge, o in una situazione di necessità o desiderio di trasformazione (nuove strade da intraprendere, nuovi collaboratori) la leadership assume un’importanza strategica. Il leader guida in modo efficace e costruttivo la squadra di lavoro, il team, e i singoli collaboratori in questo processo di cambiamento.

In termini tecnici si chiama change mangement e dovrebbe fare parte di una cultura al cambiamento consolidata all’interno dell’azienda o del gruppo di lavoro. Non dovrebbe essere quindi una risorsa a cui attingere solo nell’emergenza, nel momento del bisogno, perché molto spesso è troppo tardi. Deve far parte dell’approccio aziendale di comunicazione e coinvolgimento dei collaboratori, per poter essere applicato in maniera efficace senza sconvolgimenti o rotture. In tal modo i collaboratori si sentono responsabilizzati, grazie al senso di appartenenza all’azienda e al processo incentivato e motivato.

Leadership e cambiamento

Per mettere in pratica questa cultura del cambiamento il coaching aziendale risulta essere molto efficace. Lavorando sulla leadership dei manager/titolari, sulla comunicazione efficace e sulla capacità di motivazione e coinvolgimento dei collaboratori, si ottiene il conseguente empowerment dell’individuo e del gruppo nel suo insieme.

Innanzi tutto, chi deve affrontare il cambiamento in modo costruttivo è il leader stesso (per attivare il cambiamento deve essere il primo a cambiare e mettersi in gioco). Molto spesso si scaricano le responsabilità sui collaboratori “che non seguono”, senza ammettere o capire che il vero leader è quello che è seguito senza imposizioni.

Spesso, infatti, il cambiamento viene studiato e valutato dai vertici e poi imposto ai collaboratori. Senza dubbio sarà un insuccesso, in un modo o in un altro.

Il coaching aziendale è proprio indirizzato alla creazione di una leadership efficace volta allo sviluppo dell’azienda ma anche dei singoli collaboratori.

“Nessun uomo sarà mai un grande leader se vuole fare tutto da solo, o prendersi tutto il merito per averlo fatto.”

Andrew Carnegie

Resistenza al cambiamento

Da cosa è causata

La resistenza al cambiamento può avere molte cause da parte dei collaboratori e può far emergere dei disagi nascosti che esistono da tempo ma fino a che non viene cambiato lo status quo non emergono.

Alcuni collaboratori, magari quelli da più tempo in azienda e con un ruolo di responsabilità, possono sentire il processo di cambiamento come una perdita di controllo sul loro ruolo e le loro mansioni. Possono quindi temere un “declassamento”, anche se informale, del loro prestigio giustamente acquisito.

Non capiscono bene dove il processo vuole arrivare – forse per una comunicazione sbagliata da parte del leader – o lo reputano sbagliato, in base alla loro esperienza. Per questo diventa fondamentale una chiarezza degli obiettivi e una comunicazione efficace, con il coinvolgimento attivo degli stessi collaboratori.

Come si manifesta

La resistenza al cambiamento non sempre si manifesta in modo palese e consapevole – con l’opposizione esplicita e rifiuto al processo di cambiamento- , ma spesso si concretizza in atteggiamenti indiretti che sono però indirizzati, in modo più o meno voluto, al fallimento del processo di cambiamento.

Si può manifestare con:

  • Una procrastinazione nello svolgimento delle mansioni (con motivazioni più o meno credibili sulla priorità dei compiti da svolgere),
  • Una continua indecisione sul da farsi, nonostante istruzioni chiare e condivise,
  • Una mancanza di motivazione che si trasforma in approssimazione e imprecisione nello svolgimento dei compiti,
  • Rifiuto netto e palese nello svolgere le mansioni e aderire al processo di cambiamento,
  • Remare contro il processo attuando una leadership di opposizione (e reclutando altri nel proprio processo di sabotaggio): in tal modo non solo viene messo in dubbio tutto il processo di cambiamento ma anche la stessa leadership del manager, con evidenti risultati distruttivi.

Come gestire il cambiamento in modo efficace

Ci sono ovviamente vari approcci, ma oggi mi focalizzerò su uno che, secondo me è fra i più chiari, semplici ed efficaci, la curva del cambiamento, ampliamente usata nel coaching aziendale e nel change management.

La curva del cambiamento di Kubler-Ross

Inizialmente è stata ideata dalla psichiatra svizzero-americana per Elizabeth Kubler-Ross 1 e basata sul lutto di una morte e gli stadi emotivi conseguenti. Nel suo libro – postumo – la psichiatra ampliò l’analisi a qualsiasi tipo di perdita – affettiva, di un lavoro, della salute – ampliando gli stadi da 5 a 6 o 7.

Gli stadi emotivi sono i seguenti:

  1. Shock iniziale:
    Assoluto shock nel ricevere la notizia del cambiamento. Fase prettamente iniziale.
  2. Rifiuto:
    Rifiuto del cambiamento, con relativo sminuimento della sua portata o importanza, o rilevanza per il proprio lavoro.
  3. Rabbia e frustrazione:
    Il cambiamento viene finalmente considerate e il fatto di non potersi opporre, provoca emozioni di rabbia verso l’esterno e frustrazione personale.
  4. Depressione:
    Questa è la fase più delicata se non gestita bene dal leader. Nessuna soluzione è vista come possibile e il pessimismo prende il sopravvento. Se non si trova la strada di uscita, si rimarrà ingabbiati in emozioni di vittimismo e approcci di ostilità e lamentele.
  5. Accettazione:
    In questa fase il cambiamento viene ormai dato per scontato, viene accettato il fatto che sia in atto e di non aver il potere di cambiarlo (vedi L’arte di accettare quello che non posso cambiare per affrontare in modo costruttivo quanto non posso cambiare). Questo ci permette di valutare quindi le varie soluzioni e risorse a disposizione per arrivare agli obiettivi e al successo.
  6. Decisione:
    Le emozioni volgono al positivo, in quanto si cominciano a vedere gli effetti positivi e il cambiamento viene visto come costruttivo e desiderato.
  7. Integrazione:
    Il cambiamento ha avuto successo, è diventato realtà, è entrato appieno nella routine (non è più visto quindi come “cambiamento”).

Supporto del leader nelle varie fasi

Questo approccio ha trovato varie forme di applicazione anche nel settore del change management e del lavoro in generale. Il cambiamento viene considerato sia nel suo insieme, ma anche come viene vissuto dai vari individui coinvolti. Questo permette al leader di poter controllare in quale stadio ogni collaboratore si trova e quindi prendere le misure necessarie e il supporto più adeguato.

Fasi dello shock iniziale e del rifiuto

E’ necessario che il leader garantisca una comunicazione e informazioni chiare e trasparenti sugli obiettivi e su tutto il processo di cambiamento, per dare gli strumenti giusti per affrontarlo ad ognuno con le proprie risorse e approcci. Particolare attenzione va riservata qui proprio a quei collaboratori che in modo consapevole o no attuano una resistenza al cambiamento più o meno marcata.

Fasi della rabbia e della depressione

Deve essere privilegiato un supporto emotivo. Ignorare o sminuire queste emozioni di blocco porterebbe indubbiamente ad un insuccesso del processo di cambiamento. Porterebbe soprattutto anche ad un rischioso “abbandono” del collaboratore in una fase molto delicata, nella quale, se non esce rimarrà ingabbiato in uno stadio di vittimismo e lamentela e ostilità.

Fasi finali dell’accettazione e decisione

Deve venire fuori la parte della leadership basata sulla guida. A questo punto tutti i collaboratori sono nella posizione di accettare il cambiamento e vanno quindi guidati verso il raggiungimento degli obiettivi e il successo.

Sviluppare quindi le capacità di comunicazione efficace del leader e la sua intelligenza emotiva diventa quindi fondamentale per poter attuare un processo di cambiamento efficace. In tal modo non viene vissuto come imposto ma che sia veramente condiviso con i collaboratori.
Questo porta inoltre ad una crescita personale e sviluppo dell’autoconsapevolezza di ogni persona coinvolta.

“Un buon leader ispira le persone ad avere fiducia nel leader, un grande leader ispira le persone ad avere fiducia in se stesse.”

Eleanor Roosevelt

E tu?

Sai gestire la resistenza al cambiamento nel tuo team?

In quale fase della curva del cambiamento siete?

Commenta qui sotto, se ti va. I tuoi commenti arricchiranno l’approfondimento.

Come business coach aiuto i miei clienti ad attuare il cambiamento nei loro team.

Se anche tu non sai come gestire la resistenza al cambiamento nel tuo team e azienda, Contattami per la sessione gratuita: capirai se il coaching è quello di cui hai bisogno, e vuoi.

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Cambiamento ep. 3: come gestire la resistenza al cambiamento nei team