La routine se troppo rigida e consolidata può intrappolarci in un vortice di non-cambiamento che alla lunga diventa deleterio e mina la nostra crescita personale. Quando la ruotine è imposta, come durante questa pandemia, sentiamo ancora di più il senso opprimente di blocco e stallo. Ma possiamo trarre un beneficio anche da questa pausa. Se ci focalizziamo sul cambiare noi stessi. In meglio.
In questo articolo:
La monotonia
L’altra sera, parlando al telefono con un amico che non vedo da molto tempo (come tutte le amicizie fuori dal comune o dalla regione, quando siamo in zona gialla) mi sono resa conto di quanto pesante sia la routine “imposta” che stiamo vivendo. Ed io, per il lavoro che faccio, non posso lamentarmi, essendo comunque un lavoro non routinario di per sé (clienti, luoghi e situazioni diverse…quindi uscire spesso di casa – quando non fattibile online, tranne che per fuori regione – e in direzioni diverse).
Mentre per il mio amico, in smart working, la situazione era molto più monotona. Del tutto monotona, nonostante il lavoro interessante che svolge (normalmente fatto in presenza). Mi ha descritto la sua giornata, sempre uguale, stessi orari stesse attività tanto da sentirsi un automa. Mi ha detto di aver inserito da poco una camminata dopo pranzo, per spezzare il ritmo (ma sono sempre gli stessi percorsi…). Per me la camminata è attività irrinunciabile fin dall’inizio del lockdown – confinamento per usare, orgogliosamente il termine italiano- anche con vento, neve e gelo. Avreste dovuto vedermi questo inverno armata di colbacco, viola giusto per farmi vedere da lontano in caso di bufera, in giro per la campagna e monti intorno a casa mia….Ma questa è un’altra storia…
Addio alla socializzazione
Per quanti spostamenti comunque io possa fare, la routine ha intaccato anche me (che di routine di solito ho solo la sveglia alla 6 con la sequenza ginnastica, colazione – mai uguale al giorno prima…- e vai al PC per la posta). Oltre al lavoro e alle camminate (durante le quali posso incontrare e fare quattro chiacchere con amiche con la debita distanza e mascherate) la vita non ha molti sussulti. Niente aperitivi, cene, feste (eh sì, sono un’amante della socialità, delle chiacchere, dei tacchi alti…ahimè). Niente viaggi (sono amante anche di questi, senza tacchi alti, però) mare, città, musei…
Lavoro – camminata – casa (con lavoro incorporato anche nel weekend, i liberi professionisti possono capirmi) in loop.
Senza sosta.
“C’è qualcosa di familiare in tutto questo… hai avuto un déjà vu?”
Rita/ Andie MacDowell in “Ricomincio da capo”
Sempre come nel giorno della Marmotta…
Per tornare al mio amico mi ha fatto un paragone che calzava a pennello per descrivere come si sentiva (e come mi sento io e immagino chiunque in questo periodo).
Avete visto il film “Ricomincio da capo” (Groundhog Day) , commedia degli anni 90 con Bill Murray e Andie MacDowell? Il protagonista, Phil Connors, un presuntuoso ed egocentrico giornalista specializzato in meteorologia, è costretto a rivivere – per uno scherzo del tempo – senza sosta, all’infinito, la stessa giornata.
Un incubo, anche per uno come lui non proprio creativo e anticonformista. Il tutto durante il Giorno della Marmotta, del titolo in inglese (festa celebrata negli Stati Uniti e in Canada il 2 febbraio). Era andato nella cittadina di Punxsutawney (di poco più di 5000 abitanti), in Pennsylvania, proprio per fare un reportage sui festeggiamenti della ricorrenza. Quindi non è neppure a New York, dove la diversità e novità è ad ogni angolo. Ma in una realtà apparentemente povera di stimoli e normalmente portata alla routine. Figuriamoci poi se questa routine vuol dire rivivere le stesse azioni, incontrare le stesse persone tutti i giorni come il primo giorno.
Il peso della quarantena
Un incubo, in pratica, come per molti può essere vissuta questa routine da confinamento, per non parlare della quarantena.
Il film nonostante la comicità è una riflessione sulla alienazione della società, come può diventare la nostra situazione se non gestita bene.
Inizialmente Connors, conoscendo gli eventi futuri, cerca di trarre beneficio dalla situazione (e chi non lo farebbe?? Forse…). E la vita sembra un sogno. Ma si blocca proprio sulla cosa che più desidera, ma non riesce ad ottenere: l’amore della collega Rita (al cuor non si comanda).
Ed è qui che il castello di carta crolla. E che lui entra in crisi. Il sogno è diventato un incubo. Un incubo che gli cambia la vita.
“E se non ci fosse un domani? Oggi non c’è stato!”
Phil Connors/ Bill Murray in “Ricomincio da capo”
La mission personale
La pausa diventa una spinta per rinascere e per cambiare veramente tutta la propria vita.
Il protagonista inizia un percorso di crescita personale, dove riscopre potenzialità delle situazioni e delle persone, nonché di se stesso.
Si interroga sul perché della propria vita, su come renderla e rendersi migliore.
In pratica, per parlare con termini da coach, lavora e definisce quella che è la propria mission personale.
Adesso più che mai è importante avere o trovare la propria mission, la mia ragione di essere che mi permetterà di vivere sempre con il focus su chi sono e cosa voglio, in linea con i miei valori e aspirazioni.
Capire e definire la mission personale
La mission personale racchiude ciò che sono oggi, cosa sto facendo e perché. Con la mission chiara avrò chiari gli obiettivi ma soprattutto saprò come raggiungerli. Sarà la mia bussala. Anche nel mare in tempesta (ed adesso di tempeste ce ne sono molte…).
Facciamo come Connors: definiamo la nostra mission! Dopo averla scritta attaccatala in modo evidente vicino al tuo PC, in cucina, allo specchio del bagno…dove vuoi…basta che diventi tua e ti dia la direzione ogni giorno! Dimenticavo: scrivila anche qui sotto nei commenti! Il condividere la mission ti “obbliga” a perseguirla… aumenta l’impegno e la responsabilità con te stessa/o.
Possiamo approfittare proprio di questa pausa, liberi dalle superficialità e del troppo che spesso toglie l’ossigeno alla nostra vita, senza che ce ne accorgiamo. Costretti all’essenziale, che non è male tenerlo come monito e abitudine, siamo più propensi a guardarci dentro. Forse lo siamo obbligati, come Connors nel film, o forse ne sentiamo il bisogno. In qualunque caso non perdiamo questa opportunità
Cosa posso e non posso cambiare
Connors a questo punto vuole cambiare il corso degli eventi, ma non può.
Si rende conto che il solo modo per uscirne non è cambiare la sequenza di eventi sempre uguali, ma cambiare se stesso, i propri comportamenti, gli atteggiamenti verso gli altri… e come vive i sentimenti.
Accettare cosa non posso cambiare
Accettare quello che non posso cambiare e trarne beneficio, che mi dia la spinta giusta per lasciare andare e ripartire. Non posso scegliere né cambiare spesso quello che mi accade – sono appunto impotente – ma posso scegliere e cambiare il mio modo di reagire. L’accettazione implica quindi la consapevolezza della situazione, delle mie risorse (che, se guardo bene sono sempre di più di quanto creda) e presuppone un cambiamento, una trasformazione.
Cambiare in prima persona
Per intervenire sugli eventi devo assumere un approccio di responsabilità verso quanto mi accade. Spesso di fronte ad eventi esterni più grandi di noi – come una pandemia può essere – mi sento impotente. in realtà lo sono.
Ma, in qualunque situazione, ho sempre una sfera su cui agire per cambiare: me stessa. Divento proattiva e responsabile di chi sono, come lo sono e cosa faccio. Facendo così amplio le mie sfere di influenza, ossia ambiti sotto il mio pieno controllo, che quindi posso modificare e quelli che non posso controllare ma di cui posso influenzare i risultati.
Abitudini
Se le abitudini troppo rigide e consolidate possono diventare delle trappole e legarci ad un appiglio di non crescita, adesso sentiamo il bisogno di staccarci in tutti i modi. E forse anche di rivalutare le abitudini che avevamo prima della pandemia, in situazioni “normali”. Per non ripetere errori che non vedevamo o a cui non davamo importanza.
Adesso, anche per chi normalmente vive la routine come un elemento fondamentale nella vita su cui basare le proprie certezze e tranquillità, la situazione si sta facendo pesante. Forse perché la routine è imposta o forse perché si manifesta in modo palese.
Ma come faccio a cambiare il corso degli eventi?
Quelli sotto il mio controllo li posso cambiare cambiando le mie abitudini. Facile, direte voi.
No, non lo è soprattutto l’eliminare le abitudini negative, quelle che mi bloccano, non mi fanno crescere, non mi fanno uscire dalla mia zona di comfort (che a pensarci bene, tanto confortevole non è).
Le abitudini negative non possiamo semplicemente pensare di eliminarle. Le devo sostituire con abitudini positive.
Come sostituire abitudini positive a quelle negative
Per fare un cambio delle abitudini (come il cambio dell’armadio che ho fatto…e adesso, visto il gelo…muoio di freddo!!!), rifletti e rispondi a queste domande:
- Quali sono le mie priorità? (pensa anche alla mission che hai scritto…lo hai fatto, vero??)
- Come mi crea il maggiore stress?
- Quali abitudini mi creano danno (ad esempio procrastinare, non rispondere mai “grazie” a chi mi porta il caffè in casa o in ufficio, non portare mai il caffè a chi mi è vicino in casa o in ufficio…)
- Quali abitudini mi fanno (o mi farebbero) stare bene?
Fatto? Bene. Adesso passa all’azione: scrivi cosa ti impegni a fare
- Mi impegno a eliminare l’abitudine negativa (….) entro (data…eh sì con i buoni propositi non si va da nessuna parte….per agire dobbiamo avere una scadenza)
- Mi impegno ad aumentare introdurre l’abitudine positiva (….) entro….
Adesso impegnati ogni giorno, e tra un meno di un mese, quando forse finalmente il confinamento sarà alleggerito, le tue cattive abitudini saranno sostituite da quelle positive. Ottimo lavoro!!!!
Nel film l’incubo della routine obbligata (ai livelli estremi della ripetizione della vita senza un futuro) porta il protagonista a capire come uscire da questo incubo. E come uscirne migliore.
Così come per lui, la nostra pausa obbligata deve essere un trampolino di lancio per migliorarci.
Per uscirne migliori e con le idee e obiettivi più chiari. Chiarissimi!
“Quando Chekhov alzò gli occhi al cielo, vide un inverno buio e gelido, oltre che privo di speranze. Noi sappiamo che l’inverno è solo una tappa del ciclo della vita. Ma stando qui tra gli abitanti di Punxsutawney, al tepore dei loro cuori e dei loro focolari, non posso immaginare un destino migliore di un lungo e luminoso inverno.”
Phil Connors/ Bill Murray in “Ricomincio da capo”
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