Pugilato e resilienza: non farti mettere al tappeto dal fallimento

Pugilato e resilienza nel ring della vita.
Come nel pugilato dobbiamo imparare a non rimanere al tappeto quando cadiamo, quando ci buttano a terra, quando falliamo. Come nel pugilato non è importante il fatto di essere caduti.
Diventa vitale come (e soprattutto se) ci rialziamo.

Il fallimento

Fallimento è uno di quei termini e concetti che stimolano molto la mia curiosità personale e professionale.

Quante volte nei nostri percorsi ci troviamo di fronte a ostacoli più o meno grandi che ci impediscono di continuare nel cammino. Ci sentiamo delusi e arrabbiati, demotivati e molto spesso facciamo del fallimento una questione personale.

Va benissimo andare ad analizzare dove abbiamo sbagliato, il perché e quindi andare a lavorare su quelli che sono i  punti deboli e approcci non efficaci.

Ma il fallimento non deve senza dubbio diventare un ostacolo invalicabile che ci lascia nella gabbia limitata e accondiscendente delle nostre convinzioni più o meno velate che tanto non ce la faremo mai.

A volte, per tirare un colpo vincente, bisogna arretrare…
Ma se arretri troppo, non combatti più…”

(Dal film Million Dollar Baby)

Resilienza e pugilato

Per il fallimento e soprattutto per la risposta al fallimento e l’approccio di rivincita sono molte le analogie che trovo con il pugilato.

Ho sempre amato questo sport non tanto il combattimento di per sé quanto piuttosto l’allenamento.  Premetto che non combatto (almeno per ora), e salgo sul ring solo in allenamento. Ma è il contesto del pugilato in sé che mi ha sempre interessata. È uno sport che mi fortifica nel fisico, mi rende più sicura, più veloce, più proattiva. Ma soprattutto è un allenamento efficace e stimolante per la mente.

La preparazione e competenza

Innanzitutto nella boxe non puoi fingere, come ovviamente in nessun altro sport. Ti devi allenare e allenare tanto. Imparare i fondamenti e lavorare su quelli.   Non sono molti –diritto, montante e gancio, guardia…- ma non smetti mai di migliorarli, di perfezionarli, di renderli più efficaci e di imparare nuove combinazioni.

Di renderli i tuoi destri, i tuoi ganci, i tuoi montanti. Muhammad Ali diceva “La lotta è vinta o persa lontano da testimoni – dietro le linee, in palestra, e là fuori sulla strada, molto prima che io balli sotto quelle luci.”

Gli obiettivi e l’equilibrio

Devi avere un obiettivo chiaro sapere dove vuoi arrivare e come vuoi arrivare e allenarti fino allo sfinimento prima di salire sul ring.

La boxe ti insegna a prendere le misure, a misurare la distanza dall’avversario con il jab per poi tirare il colpo e tirarlo in pieno, un colpo che sia centrato, forte e definitivo. Ti insegna a prendere le distanze per poter tirare meglio…

Il mio maestro Paolo mi ripete fino all’esaurimento “mezzo passo indietro Lucia e poi vai col destro”… mezzo passo … non di più altrimenti perdi l’equilibrio e ti metti fuori dall’area di combattimento…

Quel mezzo passo mi fa sudare, il calcolarlo bene, il rimanere in equilibrio quando lo faccio… ma è quel mezzo passo che ci vuole per farmi prendere la mira e dare la potenza giusta al mio destro.

resilienza pugilato

La difesa

Nel pugilato devi saper stare in guardia e difenderti.

Il mio maestro mi urla sempre “su quelle mani!!” (avrete capito che di urla, se non di pugni, me ne prendo molti durante l’allenamento!!).

Nella boxe è importante saper schivare il colpo tanto quanto saperlo tirare.

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Magari mettersi anche in posizione perdente, la strategia del più debole, come con il famoso rope-a-dope introdotto da Muhammad Ali contro George Foreman nel 1974 a Kinshasa, nell’ormai mitico incontro Rumble in the Jungle.

Alle corde, con la guardia ben chiusa, incassare colpi, imparare a resistere al dolore, sembrare il perdente ma al tempo stesso ogni tanto tirare un colpo deciso per poi tornare in guardia a incassare fino a quando alla fine molli il colpo decisivo contro l’avversario che sembrava il favorito (Muhammad Ali aspetta l’ottavo round).

Con il rope-a-dope Ali sfianca Foreman fisicamente ma soprattutto psicologicamente, andando sempre a provocarlo.

La motivazione

Nella boxe devi soprattutto allenare la tua mente, diventare invincibile nelle tue convinzioni, visioni, nei tuoi obiettivi. Non devi lasciarti schiacciare, intimorire, non devi farti mettere al tappeto psicologicamente. Sapere i tuoi punti deboli, conoscere i punti forti dell’avversario ti permette di calcolare meglio le tue mosse senza mai esporti ad attacchi che possono essere fatali.

L’umiltà

La boxe insegna anche l’umiltà. Sul ring non sei valutato per la bellezza, per i soldi, per il lavoro che fai (mi riferisco ovviamente ai “semplici” amatori, come me). Nel pugilato sei valutato per come ti muovi, per i colpi che tiri per come sai schivare quelli dell’avversario. Lo diceva anche Nelson Mandela “La boxe significa uguaglianza… Sul ring il colore, l’età e la ricchezza non contano nulla…”.

Fluttua come una farfalla, pungi come un’ape”

 Muhammad Ali

La proattività

Nella boxe conta la potenza e la velocità dei tuoi colpi e dei tuoi piedi. Devi essere veloce, prevedere le mosse dell’altro e giocare d’anticipo, essere proattivo e non aspettare le mosse dell’avversario e soprattutto non devi piangerti addosso e trovare scusanti per dire BASTA (il dolore potrebbe essere una buona scusante).

Le risorse

Ma soprattutto la boxe ti insegna a saper gestire le tue risorse, le tue energie, i tuoi colpi. Saperti muovere sul ring come nella vita e sapere quando affondare il colpo decisivo. Nei 3 minuti di un round devi riuscire non solo a rimanere in piedi -che già è abbastanza per il mio punto di vista – ma soprattutto devi riuscire a sferrare quei colpi che piano piano indeboliscono l’avversario fino a metterlo KO.

Mi viene in mente a questo riguardo il famoso incontro di Mike Tyson appena ventenne che sconfisse il favorito Trevor Berbick -campione mondiale dei pesi massimi, con nel CV la sconfitta di Muhammad Ali nella sua ultimo incontro- nel 1986 a Las Vegas. Dopo averlo mandato due volte al tappeto, Tyson lo mette definitivamente KO ai 2:35 del secondo round, con un Berbick che cerca più volte di rimettersi in piedi, per poi cadere definitivamente. Tyson diventa così il più giovane campione mondiale.

La resilienza

Ma soprattutto la boxe ti insegna a rialzarti dopo la caduta. Ti insegna a riprendere le tue forze, riconsiderare i tuoi obiettivi e di nuovo essere in piedi sul ring contro l’avversario a schivare i suoi colpi ostinati ma tu a dare i tuoi colpi decisivi. Il fallimento è come la caduta sul ring. Sei messo momentaneamente al tappeto, ma poi ti rialzi e continui con le altre riprese. E anche se fosse che vieni sconfitto per knockout, vieni messo fuori combattimento, come nella vita avrai altri incontri in cui misurarti.

Dentro un ring o fuori non c’è niente di male a cadere.
È sbagliato rimanere a terra.

Muhammad Ali

E tu?

Riesci a rialzarti dal tappeto e dai fallimenti?

Quali sono le tue strategie o al contrario cosa ti blocca?

Commenta qui sotto, se ti va. I tuoi commenti arricchiranno l’approfondimento.

Come coach aiuto i miei coachees a risollevarsi dal tappeto…

Se anche tu non sai come risollevarti dopo un fallimento, Contattami per la sessione gratuita: capirai se il coaching è quello di cui hai bisogno, e vuoi.

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